Guainía è un territorio diventato popolare perché protegge uno dei gioielli del turismo del paese: le colline di Mavicure. Situata all’estremità orientale della Colombia, l’estrazione illegale converge con attori armati, comunità indigene e aziende esportatrici di oro.
Tra i primi 15 commercianti d’oro colombiani (che concentrano oltre il 72% delle spedizioni di oro verso altri paesi) ce ne sono almeno tre con procedimenti penali presso la Procura. Uno di loro ha transazioni con una riserva indigena di Guainía.
Il 41% dell’oro colombiano esportato tra il 2014 e il 2023 è andato negli Stati Uniti. Il 15% in Italia e il 12% in Svizzera. Ma la Svizzera non è tra le prime tre destinazioni dell’oro colombiano. Il terzo posto verso il quale la Colombia esporta più oro è, in realtà, la Colombia stessa.
Solo tra il 2016 e il 2022, la Colombia ha esportato 72 tonnellate di oro nelle zone franche del paese. Di queste, almeno 33 tonnellate (quasi la metà) sono finite nella zona di libero scambio di Palmaseca, vicino a Cali. C’è anche una fonderia indagata dalla Procura per il presunto tentativo di esportare oro da depositi minerari illegali.
A poche ore di barca da Puerto Inírida, capitale della Guainía, si trova una delle zone minerarie più grandi del Venezuela: il Parco Nazionale Yapacana. Molte delle forniture, di cibo, di carburante e del personale destinati a queste miniere lasciano la Colombia.
Nel settembre 2023, l’esercito venezuelano ha effettuato una vasta operazione contro lo sfruttamento illegale del parco e molti minatori sono passati (o sono tornati) in Colombia. Le autorità indigene di Guainía denunciano che da allora molte altre draghe si sono diffuse lungo i fiumi.
Insomma per dirla tutta, mi chiedo come sia possibile che tonnellate di ‘pepite d’oro’ viaggiano dirette in tutta liberta sui mercati internazionali senza nessun controllo.
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